giovedì 6 novembre 2014

"Livia e Laura" blogtour. Intervista impossibile a Luigi Natoli

“Non ho beni. Ho lavorato molto e non ho tratto dal mio lavoro che scarso profitto… Dal mio lavoro non cercai la parte commerciale, ma solo la gioia che mi procurava”.
Luigi Natoli (1857-1941)
Il blogtour dedicato al mio romanzo, "Livia e Laura", arriva alla sua terza tappa; l'intervista impossibile con un grande scrittore siciliano, Luigi Natoli, ancora vivo nell'animo di moltissimi italiani che amano leggere le sue opere d'amore e avventura. La vita e la tenacia di questo autore italiano è un grande esempio per tutti noi. 


L’incontro con lo scrittore Luigi Natoli avviene in un pomeriggio afoso, lungo il Cassaro a Palermo. Mi viene incontro con passo spedito, i baffetti ben curati rivolti all’insù e gli occhi quieti di chi ha attraversato la vita e ne conosce alla perfezione ogni singola sfumatura. In segno di rispetto si toglie il cappello e fa un piccolo inchino, antica memoria di un passato e di una certa educazione che oggi quasi non trovo più. Ci sorridiamo. Non servono convenevoli tra me e Luigi Natoli.
Ci conosciamo bene: lui mi ha narrato le sue storie attraverso le pagine dei libri che ha scritto con tanto amore, io ho lasciato che le parole scorressero nella mia testa e nel mio cuore, conquistandomi subito.
«Passeggiamo un po’» mi invita con cortesia, il tono sfumato in una lieve cadenza dialettale. «Certe cose si ricordano meglio camminando».
«Avete ragione» commento mentre il celebre scrittore mi porge il braccio. «Mi piace tanto camminare, sapete? Ogni passo dirada la nebbia dei pensieri e delle paure».
«Anche le letture fanno lo stesso effetto. Quelle buone, almeno» ribatte sollevando appena la testa.
«Non è sempre facile distinguere ciò che è buono da ciò che non lo è» dichiaro rassegnata. «Eh, ci vuole esperienza, occhio allenato e mente aperta. Eppure sbaglierete lo stesso» soggiunge. «La vita è fatta di esperimenti no? Alcuni vanno bene, altri un po’ meno… Altri ancora danno risultati inaspettati».
Cerco di indirizzare il discorso sulle domande che vorrei porre all’eccellente autore, ma non so se ci riuscirò. Il suo pensiero vola così in alto da farmi dubitare che riuscirò ad afferrarlo con facilità.
Natoli annuisce, poi tace per qualche istante. Approfitto di questo momento e, senza tanti giri di parole, chiedo: «Qual è il primo ricordo che vi viene in mente, rammentando la vostra esistenza?».
«I sacrifici» replica tranquillo, come se quella risposta gli fosse rimasta sulla punta della lingua per anni, quasi attendesse me per pronunciarla con tanta decisione. «Quanti sacrifici per difendere il mio pensiero e quante delusioni» continua. «Fui insegnante, io, però fui pure un mazziniano e, così, passai la vita spostandomi da una parte all’altra dell’Italia per lavorare. E sapete perché? Perché lo decisero i potenti. Ero un personaggio scomodo e ritenevano che farmi viaggiare in lungo e in largo potesse fiaccare le mie resistenze. Credevano che mi sarei arreso alla loro logica» dice con voce tranquilla, di chi sa che il passato non si può cambiare.
«E cosa accadde?» lo esorto a raccontare.
«Accettai il mio destino ma non mi piegai. Non lo feci neppure di fronte a Mussolini e quello sapete che fece? Mi destituì e io non potei più insegnare».
«Come avete superato tutto questo? In che modo avete risposto alle ingiustizie?». La vita di Luigi Natoli mi affascina sempre di più e vorrei che questo incontro non finisse mai.
«Mi aiutò la scrittura, certo, ma non solo. Spostarmi da una città all’altra mi consentì di stringere amicizia con tante persone, persino scrittori come me. Conobbi la vita, così. Imparai a vivere e a resistere. Del resto, un po’ c’ero abituato. Dovete sapere che quando avevo tre anni ebbi l’onore di assistere allo sbarco di Garibaldi in Sicilia. Non rammento quasi niente, troppo piccolo ero, però ho ancora impressa nella mente la camicia rossa che mia madre fece indossare a tutti i membri della famiglia».
«Una mossa azzardata» ribatto con una certa preoccupazione. «E infatti ci arrestarono tutti e ci confiscarono i beni» mi dichiara alzando appena la voce. «Da quel momento appresi che si può vivere con poco, ma non senza la libertà di pensiero».
«Se voi sapeste quanto ci tengo alla libertà!» dichiaro convinta. Nel mio tempo, come anche nel vostro, molti tentano di manipolarti, di dirti cosa devi o non devi fare, di spingerti da una parte o dall’altra a seconda di come vogliono che soffi il vento».
«E voi non ascoltateli» mi consiglia Luigi Natoli. «Siamo fatti per vivere la nostra vita, non quella degli altri. Io, per esempio, ho dedicato notti e giorni allo studio delle tradizioni della mia amata Sicilia e ho coltivato l’amore per essa, come pure per l’Italia. Niente mi ha mai distolto da questi e da altri propositi. Non si vive per compiacere il prossimo. Noi tutti dobbiamo respirare il nostro tempo, è vero e nello stesso tempo farci interpreti del cambiamento che vorremmo. Essere noi stessi il nuovo. Questo ho insegnato ai miei figli e su queste basi ho plasmato i miei personaggi. Non tutti vincenti, non molti eroi, bensì uomini di carta in cui possano specchiarsi gli uomini in carne e ossa».
«Signor Natoli io adoro la vostra terra e, devo ammettere, i misteri riguardanti i Beati Paoli e la Baronessa di Carini mi hanno affascinato fin da subito, non appena ho letto i romanzi che voi avete dedicato loro. Il mio piccolo libro è un omaggio alla vostra Sicilia e a voi» confesso con un po’ di pudore.
«Grazie piccoletta» scherza con benevolenza lo scrittore. «La Sicilia è un luogo particolare, dove perfino i colori del cielo assumono sfumature diverse rispetto a quelli di altri Paesi. Certe volte penso che la Sicilia sia un mistero pure per se stessa. Quanto l’ho amata, io, la Sicilia e quanto l’amo ancora. E’ l’anima di tutte le mie opere. Io sono italiano e siciliano. Le due cose, nonostante ciò che sostengono alcuni, collimano alla perfezione. Sapete che vi dico? Sono orgoglioso di questa doppia natura. Sì, orgoglioso e mai potrei rinnegarla». Il sole sta tramontando lungo il Cassaro.
Le ultime parole di Luigi Natoli si perdono nell’oscurità imminente, tra le luci e gli odori della sera, portate via da una lieve brezza che mi sfiora il viso.
Lo scrittore mi osserva e allarga le braccia, rassegnato. Sa che la nostra chiacchierata finisce qui. Dobbiamo tornare alla realtà, io nel mio tempo, lui nell’eternità.
Mi sorride e si inchina di nuovo, ripetendo il gesto di togliersi e rimettersi velocemente il cappello.
«Il nostro non è un addio, ma un arrivederci. Ci ritroveremo nei vostri libri e voi mi farete sognare mille avventure d’amore e coraggio, sacrificio e altruismo» gli dico sicura.
«Così sarà per voi e per tutti quelli che amano la lettura e i viaggi nella fantasia. Mi troverete sempre lì e io rivivrò attraverso la vostra passione per le mie storie, per la Sicilia e per l’Italia» sussurra con benevolenza il maestro.
Ci guardiamo un’ultima volta, sorridendoci. Neanche il tempo di un battito di ciglia e Luigi Natoli è scomparso, fondendosi nell’aria profumata della sua amata Palermo.

2 commenti:

  1. Ho letto " I Beati Paoli" di Luigi Natoli e l' intervista impossibile ( deliziosa! ) rispecchia le sensazioni riguardo la sua personalità e il suo pensiero che ho percepito durante la lettura del libro

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    1. Grazie mille! :-) Luigi Natoli è stato un grande scrittore ed è un peccato che non abbia lo spazio che merita. La sua è letteratura di alto livello, un vero arricchimento per lo spirito. Per me è stato davvero fonte di ispirazione. Un uomo determinato ma tranquillo, che non urlava e aveva solo la penna come arma.

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